Le ultime elezioni politiche del 25 settembre 2022 sono state vinte dalla coalizione di centro-destra con circa il 44% dei voti e con un notevole incremento dei voti raccolti dal partito di Fratelli d’Italia che dal 4% circa delle precedenti elezioni del marzo ’18 è riuscito ad arrivare a circa il 26%, a fronte peraltro di un calo di voti della LSP di circa il 9% e di FI di circa il 6%. Nel programma elettorale unitario di quello schieramento uno dei punti principali era l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Il nuovo Governo Meloni di destra-centro (FdI, LSP, FI, NM (IaC, RI), insediatosi il 22 ottobre ’22, ha invece presentato al Senato della Repubblica a metà novembre ’23 il disegno di legge costituzionale n. 935 d’iniziativa governativa e a firma proprio del Presidente del Consiglio dei ministri G. Meloni e del Ministro senza portafoglio per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa M.E. Alberti Casellati recante “Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica”. Questo clamoroso cambio di rotta, ad avvenuta espressione del voto popolare, rende utile un approfondimento sulla figura e carica di Presidente del Consiglio dei Ministri.
In Italia il titolo di Presidente del Consiglio dei ministri era già utilizzato, anche se solo per prassi, durante la vigenza dello Statuto Albertino concesso ai sudditi dal Re di Sardegna (Carlo Alberto della dinastia di Savoia) per sua volontà il 4 marzo 1848. Con la concessione dello Statuto, che fu la prima costituzione del Regno di Sardegna comprendente anche la Savoia, il Nizzardo, la Liguria e il Piemonte (1720-1861- costituzione ottriata, dal francese octroyée, ossia di regia concessione), il Re aveva così’rinunciato ad essere un sovrano assoluto. Restava comunque fermo che (artt. 2 e 3 Statuto) “Lo Stato é retto da un Governo Monarchico Rappresentativo“, che” Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato e quella dei Deputati” e che (art. 65) ” Il Re nomina e revoca i suoi Ministri” in quanto anche nella nuova monarchia costituzionale,caratterizzata dall’accoglimento dei principi liberali,al Re (almeno agli inizi) continuavano a spettare il potere esecutivo e il ruolo di capo del Governo. Nel Regno d’Italia nato nel 1861, dopo il Risorgimento, come Stato unitario sul modello della Francia napoleonica e con le istituzioni comunali e provinciali regolate dalla legge, non è sancita la figura del Presidente del Consiglio fino al c.d. decennio Depetris, esponente moderato a capo della Sinistra storica, alla guida del primo governo della storia d’Italia costituito da soli politici di sinistra e che varò anche la riforma scolastica con l’istruzione elementare obbligatoria laica e gratuita per i bambini da 6 a 9 anni.
Nell’agosto 1876 infatti fu emanato il Regio decreto n. 3289, che determinava gli oggetti da sottoporre a deliberazione del Consiglio dei ministri e in tale decreto si legge “sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro delle Finanze, Abbiamo decretato e decretiamo..…”. In seguito con il R.d. n. 466 del 14 novembre 1901 (Re d’Italia Vittorio Emanuele III e Governo Zanardelli appartenente anch’esso alla sinistra storica e autore, come Ministro di grazia e giustizia nel governo Crispi I, del nuovo e avanzato Codice penale del 1890 che tra l’altro abolì la pena di morte e rimase in vigore fino al 1930), agli articoli 3 e seguenti sono stati definiti anche i poteri e le funzionidel Presidente del Consiglio dei ministri.
Lo Statuto del Regno, quale legge fondamentale perpetua e irrevocabile della Monarchia, restò appunto in vigore anche dopo l’Unità d’Italia proclamata con la legge 17 marzo 1861, n. 4671, articolo unico, che recitava ” Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolodiRe d’Italia” appena dopo l’inaugurazione, il 18 febbraio 1861, del primo Parlamento italiano (quello del Regno d’Italia) con sede a Torino fino al 1865, poi a Firenze fino al 1871 e infine a Roma. Lo Statuto Albertino, che non prevedeva alcun procedimento né per la sua modifica né per verificare la conformità delle leggi allo Statuto, restò in vigore per tutta l’esistenza delRegno d’Italia come Carta costituzionale dello stesso. Con le leggi eccezionali, c.d. “fascistissime”, degli anni 1925 e 1926 che alteravano la struttura e gli equilibri dell’ordinamento statutario e in mancanza nello stesso Statuto di ogni forma di controllo sulla costituzionalità delle leggi, avvenne la svolta autoritaria dell’ordinamento giuridico del Regno che portò al regime dittatoriale fascista instaurato dall’allora Presidente del Consiglio B. Mussolini e che aveva tra i suoi postulati l’autoritarismo, il partito unico e il nazionalismo bellicista con il definitivo arretramento del potere legislativo e della sovranità del legislatore, preminente secondo la tradizione liberale e anche suprema guarentigia del sistema parlamentare, in favore invece del potere esecutivo dello Stato fascista. Con la legge n. 2263 del dicembre 1925,all’art. 1, venne infatti disposto che” il potere esecutivo è esercitato dal Re per mezzo del suo Governo, che il Governo del Re è costituito dal Primo Ministro Segretario di Stato e dai Ministri Segretari di Stato e che il Primo Ministro è Capo del Governo “. Il titolo di Presidente del Consiglio dei ministri venne quindi cancellato e sostituito, nel ventennio della dittatura fascista, con quello di Primo ministro proprio per accentuare la posizione di supremazia della carica allo stesso riservata. Tale termine viene dal francese “premier ministre” o in forma abbreviata “premier” e la sua adozione da luogo al c.d. “premierato”come variante della forma di governo parlamentare con la caratteristica dell’indicazione del capo del Governo (Premier o Primo ministro) da parte dell’elettorato oppure di un ruolo comunque rafforzato dello stesso nei confronti del Parlamento. Lo Statuto del Regno d’Italia restò in vigore fino al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sulla forma di governo tra Monarchia e Repubblica tenutosiinsieme all’elezione dell’Assemblea costituente, in cui per la prima volta votarono pure le donne.
La Costituzione della Repubblica Italiana è stataredatta da una Commissione per la Costituzione di 75 membri, presieduta da M. Ruini e nominata al proprio interno dall’Assemblea costituente. La Commissione ha predisposto il progetto della nuova Costituzione e lo ha approvato e presentato nel febbraio ’47 all’Assemblea costituente (Presidente U. Terracini) la quale, dopo un lungo e approfondito esame e un confronto e dibattito anche vivace in aula, il 22 dicembre ’47 è arrivata ad approvare il testo finale della nuova Costituzione che è stata poi promulgata dal Capo provvisorio dello Stato E. De Nicola il 27 dicembre ’47. La Costituzione italiana è entrata in vigore il 1° gennaio 1948 (Governo De Gasperi IV di Centrismo (DC-PSLI-PLI-PRI) che aveva presieduto anche l’ultimo Governo del Regno d’Italia (De Gasperi I, nominato da Umberto II di Savoia) dal dicembre ’45 al luglio ’46 e i due governi del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) dal luglio ’46 al giugno ’47. La Costituzione della Repubblica, cento anni dopo la concessione dello Statuto Albertino, nella Parte II(Ordinamento della Repubblica), Titolo III (Il Governo), all’art. 92, primo comma, afferma che “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri” e cioè l’organo collegiale di governo della nostra Repubblica democratica (art. 1). Il Presidente del Consiglio è nominato (art. 92, secondo comma, Cost.)dal Presidente della Repubblica dopo le consultazioni con i Presidenti dei due rami del Parlamento e con le delegazioni dei partiti politici (Segretari di partito e Capigruppo parlamentari) mentre i singoli ministri sono nominati su proposta del Presidente del Consiglio. I costituenti nello scegliere il tipo di organizzazione dei poteri, tra i due modelli di Governo presidenziale (USA) e di Governo parlamentare (di tradizione Europea) in cui il potere esecutivo spetta ad un Governo o eletto dal Parlamento o nominato dal Capo dello Stato ma che deve avere la fiducia del Parlamento (ed anzi i cui membri per molto tempo sono stati quasi esclusivamente membri del Parlamento), optarono per il sistema parlamentare in cui il Governo è espressione della maggioranza parlamentare, pur consapevoli che questo poteva comportare i rischi dell’instabilità governativa a causa delle variabili maggioranze nel Parlamento stesso. Per superare tali rischi introdussero correzioni volte ad evitare eventuali degenerazioni del parlamentarismo stabilendo (art. 94) che il Governo, dopo la sua formazione, deve ottenere anche il voto di fiducia in ambedue le Camere (e quindi dipende dalla fiducia della maggioranza) su mozione motivata e votata per appello nominale per evitare le c.d. manovre sottobanco e ha diritto di restare in carica fino a quando non sia costretto alle dimissioni da un voto di sfiducia motivato su mozione presentata almeno da un decimo dei parlamentari e messa ai voti non prima di tre giorni per evitare i c.d. colpi di mano. Si tratta dei fattori di controllo e di contrappeso (i checks and balances) del nostro sistema costituzionale.
E’ bene anche ricordare che la nuova Carta costituzionale, nell’organizzazione della democrazia con il sistema rappresentativo, non ha concentrato il potere né nell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (anzi della Nazione e senza vincolo di mandato -art. 67) né nel Governo espresso dalla maggioranza, ma piuttosto ha predisposto dei congegni di suddivisione e articolazione dei poteri come le due Camere, un Presidente della Repubblica con il ruolo non di governo e decisione politica ma di stabilizzatore e di garante di tutti, un potere giudiziario indipendente, una Corte costituzionale abilitata ad annullare anche gli atti del Parlamento e una considerevole articolazione regionale del potere politico, legislativo e amministrativo. Il Presidente della Repubblica ai sensi degli articoli 83 e seguenti Cost. viene eletto, a scrutino segreto e per sette anni, dal Parlamento in seduta comune dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e di tre delegati per ogni Regione, tranne la Valle d’Aosta con un solo delegato. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato,rappresenta l’unità nazionale e, tra l’altro, ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio superiore della magistratura e può sciogliere le Camere, sentiti i loro Presidenti, o anche una sola delle stesse, ma non negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che coincidano anche in parte con quelli di fine legislatura, tutti poteri che appunto non comportano decisioni politiche di merito.
Il Presidente del Consiglio per formulare la proposta di nomina dei ministri tiene conto necessariamente delle indicazioni dei partiti politici che formeranno la maggioranza, salvo l’eccezione dei governi che non sono espressione di una coalizione di partiti già costituita in sede di elezioni politiche (es. governi tecnici L. Dini nel ’95 e M. Monti nell’11). Già la procedura di nomina dei ministri mette la figura del Presidente del Consiglio dei ministri su un piano diverso dagli altri componenti dell’organo collegiale e anche per questo la vecchia teoria del “primus inter pares“(“primo fra gli uguali”) delle Monarchie assolute, dove era appunto il principale ministro del Monarca, appare da tempo non più valida. Infatti già nella Costituzione vigente la figura del Presidente del Consiglio risulta in posizione superiore rispetto agli altri membri del Consiglio sia per il citato potere di proposta di nomina dei ministri che per la sua funzione, in base all’art. 95, primo comma, Cost., di direzione della politica generale del Governo e connessa responsabilità e perché gli compete anche di mantenere l’unità di indirizzo politico ed amministrativo promuovendo e coordinando l’attività dei ministri. Pertanto il Presidente del Consiglio arriva, già solo così, a costituire il centro propulsore dell’azione di governo e il suo timoniere.
Fine parte prima
Li 19 febbraio 2024
Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi
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