La quarta ed ultima parte dello studio del dott. Gentili.
La Repubblica semipresidenziale dell’Ucraina (che significa “terra di confine“), con il Presidente eletto direttamente dal popolo, è un Paese molto vasto con oltre 42 milioni di abitanti e con capitale Kiev. Il suo territorio è stato la culla dello Stato slavo medioevale dal quale si è sviluppato lo Stato russo moderno (Rus’ di Kiev). L’Ucraina nel XIX secolo aveva visto il suo territorio diviso tra la Confederazione di Polonia e l’Impero russo. Durante la rivoluzione russa del 1917 un movimento nazionalista aveva fondato a Kiev la Repubblica Popolare Ucraina. A seguito del trattato di Brest-Litovsk del ’18, che aveva sancito la vittoria degli Imperi centrali sul fronte orientale nonché la resa e l’uscita della Russia bolscevica di Lenin dalla prima guerra mondiale, la Repubblica popolare Ucraina era diventata alleata dell’Impero tedesco finendo però per essere esautorata dalle forze germaniche che vi installarono un governo “fantoccio” e invasero anche la Crimea. Il trattato di Versailles del ’19 che, insieme ad altri trattati, pose fine alla guerra mondiale cancellò ufficialmente anche la pace di Brest-Litovsk. Nel frattempo a Charkiv era stata fondata anche la Repubblica Sovietica Ucraina che nel ’22 è stata tra i membri fondatori dell’URSS. L’Ucraina dopo aver proclamato unilateralmente (come tutte le altre 14 Repubbliche) la sua indipendenza nel ’91 all’atto della dissoluzione dell’URSS, si era anche dichiarata Stato neutrale. I successivi piani di adesione alla NATO voluti dal Presidente V. Juscenko, eletto nel 2005, dopo la c.d. “rivoluzione arancione” contro i presunti brogli elettorali del suo avversario e la ripetizione delle elezioni, con il partito Ucraina Nostra di centro-destra riconducibile al conservatorismo liberale e all’europeismo, erano poi stati messi da parte del successivo Presidente V. Yanukovic che, eletto nel 2010 con il partito delle Regioni di centro e filorusso, aveva scelto invece di mantenere l’Ucraina come Paese non allineato e nel ’13 non aveva firmato nemmeno l’accordo di associazione con l’UE. L’Ucraina tra l’altro risulta conservare ancora lo status di”osservatore” nel Movimento dei paesi Non Allineati (NAM) con le principali potenze mondiali (o c.d. “Superpotenze”), che era contro la logica dei due blocchi contrapposti e a sostegno della pace e del disarmo internazionale. Il NAM, costituito nella conferenza di Belgrado del ’61 e in auge soprattutto negli anni del bipolarismo USA-URSS, conta ancora oggi 120 Stati membri e 14 Stati osservatori.
Nel 2014 c’è stata la Crisi della Crimea che aveva fatto parte prima della Russia imperiale e poi anche dell’Unione Sovietica come Repubblica Socialista Sovietica Autonoma (RSSA di Crimea con capitale Sinferopoli) dal 1921 fino al 1945, anno in cui aveva anche ospitato la Conferenza di Jalta, dopo l’invasione tedesca della penisola e la riconquista sovietica durante la guerra mondiale. La Crimea era stata quindi annessa dal ’21 all’allora Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR, divenuta l’odierna Federazione Russa dopo la dissoluzione dell’URSS) ma nel ’54 era stata ceduta per donazione (cfr. parte terza) dal Presidente russo Krusciov all’Ucraina, la quale l’aveva amministrata fino alla crisi del ’14. La crisi è avvenuta a seguito dell’annullamento di tale atto di donazione da parte della Duma di Stato (la Camera bassa prevista nella Federazione Russa dalla nuova Costituzione introdotta dal Presidente B. Eltsin nelle prime elezioni presidenziali dirette del ’93) e con l’occupazione militare e la riannessione alla Russia dopo l’avvenuta proclamazione dell’indipendenza dall’Ucraina nel marzo ’14 da parte delle autorità della Repubblica di Crimea e di quelle della città federaledi Sebastopoli, nuova capitale della Repubblica. Le stesse autorità della nuova Repubblica di Crimea il 18 marzo ’14 hanno firmato l’adesione alla Federazione russa in base all’esito di un referendum popolare, peraltro non riconosciuto dalla gran parte della comunità internazionale che anzi ha adottato sanzioni politiche ed economiche ma al solito scarsamente efficaci.
La Federazione Russa (o più comunemente Russia) è lo Stato transcontinentale (del supercontinente Eurasia) più vasto del mondo e conta circa 145 milioni di abitanti. La nuova Russia del dopo ’91 è una Repubblica semipresidenziale federale che con il primo Presidente B. Eltsin ha realizzato sia la transizione verso un’economia basata sul mercato (anche se le privatizzazioni sono servite più che altro ad arricchire gli oligarchi russi) che la svolta verso una democrazia rappresentativa,diversamentedall’ex Unione Sovietica che era basata su un’economia pianificata in cui lo Stato possedeva i mezzi di produzione in rappresentanza del popolo e in cui vigeva un vero e proprio regime monopartitico. Il potere legislativo in Russia è in capo all‘Assemblea federale bicamerale composta dalla Duma di Stato (o Camera bassa) di 450 membri e dal Consiglio federale (o Camera alta) di 166 membri. Il potere esecutivo è in capo al Governo della Federazione, composto dal Primo ministro, dai Vicepresidenti e dai Ministri federali. Il Presidente della Federazione russa, che risiede al Cremlino, è Capo dello Stato, non è membro del Governo ma è Comandante in capo delle forze armate, con tendenze autocratiche di controllo e censura sulle libertà principali (la c.d. nuova “autocrazia elettiva”). Nella Russia del post Eltsin, dopo i due mandati quadriennali maggio ’00-’04 e maggio ’04-’08 di V. Putin sostenuto dai partiti conservatori Unità e Russia Unita c’è stato quello di maggio ’08-’12 del Presidente D. Medvedev supportato dal partito Russia Unita e con Primo Ministro Putin. Nell’elezioni presidenziali (con sistema a doppio turno) del maggio ’12 e del maggio ’18 è stato rieletto Presidente V. Putin del partito conservatore e nazionalista Russia Unita, rispettivamente con il 63% e con il 76% dei voti, per una durata del mandato presidenziale riportata a 6 anni dal ’12 sempre con il limite di due mandati consecutivi e con primi Ministri Medvedev e dal ’20 M. Misustin.
In concomitanza con la crisi di Crimea si sono sviluppati anche moti di protesta antigovernativi nella regione ucraina sud-orientale del Donbass a maggioranza russofona, dando luogo ad una guerra civile iniziata nell’aprile ’14 tra le forze separatiste filorusse e le forze governative dell’Ucraina. La guerra ha portato alla costituzione delle due repubbliche popolari di Doneck e Lugansk,alla dichiarazione unilaterale d’indipendenza dall’Ucraina nel maggio ’14 a seguito di un referendum criticato dall’Occidente e al loro riconoscimento formale da parte della Russia il 21 febbraio ’22 trovando di fatto continuazione nel devastante e cruento conflitto scatenato tre giorni dopo dalla Russia e tuttora in corso. L’Ucraina nel frattemposi era anche ritirata ufficialmente dalla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) nel maggio ’18 durante la Presidenza di P. Porosenko (giugno ’14-maggio ’19) del partito di destra nazionalista denominato Solidarietà Europea, che aveva vinto le elezioni presidenziali del maggio ’14 con il sostegno del partito Ucraina Nostra di centro-destra. Nel giugno ’14 il Presidente Porosenko aveva anche firmato la seconda parte dell’accordo di associazione Ucraina-Unione Europea (che però non era richiesta di adesione all’UE)già in parte firmato nel marzo ’14 dal Presidente ad interim O. Turcinov del partito Patria di centro-destra conservatore, nazionalista e filo-europeo, subentrato al Presidente Janukovic destituito nel febbraio ’14. Nelle elezioni del maggio ‘19 è stato eletto al ballottaggio con oltre il 73% dei voti e per 5 anni (sconfiggendo il ricandidato Presidente uscente Porosenko) l’attuale Presidente V. Zelensky, attore, regista, comico e politico del partito Servitore del Popolo che ha lo stesso nome della serie televisiva di satira politica ucraina incentrata sulla figura, da lui interpretata, di un professore di storia di un Liceo imprevedibilmente eletto Presidente dell’Ucraina. Il partito era stato fondato nel marzo ’18 dallo stesso Zelensky e dallo staff della serie televisiva allora come forza politica filorussa che si opponeva alla politica di ucrainizzazione e con un Zelensky che addirittura voleva il russo come lingua ufficiale dell’Ucraina. Quel partito ha poi cambiato orientamento in senso favorevole alla centralizzazione del potere ea un Presidente forte (tendenza ricorrente nelle Repubbliche presidenziali o anche semipresidenziali) ediventando un partito nazionalista, populista e atlantista favorevole all’adesione dell’Ucraina sia all’UE che alla NATO specialmente dopo l’invasione russa del Paese nel febbraio ’22. L’invasione ha fatto seguito ad un’accentuazione della tensione tra i due Stati dovuta sia alle prolungate manovre militari degli eserciti russi e bielorussi lungo il confine ucraino che al rifiuto della NATO di assicurare la sua non espansione verso est,come richiesta dalla Russia, che la considera pericolosa per la sua sicurezza nazionale.
Tra l’altro anche la Finlandia e la Svezia, Stati membri dell’UE dal ’95 e tradizionalmente Paesi neutrali, dopo l’aggressione russa all’Ucraina del febbraio ’22 hanno cambiato radicalmente posizione, avanzando richiesta congiunta di adesione alla NATO nel maggio ’22. Questo futuro allargamento a nord della NATO (la Norvegia ne era già membro fondatore) sicuramente creerà ulteriori attriti nelle relazioni tra gli Stati Nato e la Russia, aprendo anche un nuovo fronte nell’Alto Nord (High Nord) considerato soprattutto che la Finlandia ha in comune con la Russia una frontiera di oltre 1.300 km. Con l’attuale Presidenza americana del democratico J. Biden ( già Vicepresidente dal ’09 al ’17 durante i due mandati del più cauto Presidente B. Obama) sin dalla sua elezione nel gennaio ’21 è apparso pienamente confermato l’approccio inclusivo per l’ingresso nella NATO sia dei Paesi dei Balcani che anche degli Stati più problematici (rispetto alle relazioni con la Russia) come l’Ucraina e la Georgia non togliendoli dall’agenda della NATO ed anzi favorendo tale ingresso sia per l’Ucraina dopo che Mosca vi ha mandato i carri armati che per le recenti richieste di Finlandia e Svezia.
Sta di fatto che la NATO comunque già oggi dispone di numerose basi e contingenti militari di stanza, oltre che nei Paesi dell’Europa occidentale, anche in quelli dell’Europa orientale dell’ex patto di Varsavia e in particolare in quelli più verso est della Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Bulgaria e persino nei tre Paesi baltici (ex membri dell’URSS) della Lituania confinante con la Bielorussia e della Lettonia ed Estonia confinanti direttamente con la Federazione russa. Se da una parte l’allargamento ad est della Nato è stato visto dai nuovi Stati membri come uno scudo efficace contro eventuali politiche aggressive della nuova Federazione Russa, dall’altra anche la Russia postcomunista ma ultranazionalista del Presidente Putin ha considerato il progressivo allargamento ad est dell’Alleanza militare atlantica come una potenziale minaccia nei suoi confronti. Si è così ricreato di fatto un clima da quasi nuova “guerra fredda” ed anzi dal febbraio’22 molto “surriscaldata”, tra blocchi contrapposti divenuti ora però direttamente confinanti, senza nemmeno più la vecchia rete difensiva”esterna” del Patto di Varsavia a suo tempo voluta da Stalin e dai suoi successori dopo la Grande Alleanza (Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica) che aveva portato alla vittoria finale degli Alleati nella seconda guerra mondiale. Quella rete difensiva per l’Unione Sovietica era anche volta ad impedire eventuali nuovi attacchi e invasioni da Occidente del tipo di quello follemente messo in atto dall’Asse Roma-Berlino-Tokio nel giugno ’41, purtroppo con gravi responsabilità (non deve essere mai dimenticato) anche dello Stato Italiano sotto la dittatura fascista di Mussolini.
Anche da tutto ciò è conseguito che le mosse di avvicinamento alla Nato di altre ex Repubbliche socialiste sovietiche (ora Stati indipendenti ma con la “sfortuna” di essere insediati su territori di confine tra le diverse potenze) di fatto sono state poi usate dalla Federazione Russa dei Presidenti Medvedev e Putin sia come pretesto per occupare militarmente tali Stati come accaduto nell’agosto ’08 con la Repubblica della Georgia (designata come “paese aspirante” dal Consiglio Nord Atlantico nel dicembre ’11) e nel ’14 con la guerra del Donbass in Ucraina e sia per ampliare la ridotta sfera d’influenza della Russia post-sovietica. Da ultimo poi la Russia di Putin il 24 febbraio dell’anno scorso ha lanciato una “operazione militare speciale” contro l’Ucraina, una sorta di “guerra lampo” verosimilmente volta a sfondare le linee nemiche e rovesciare il Presidente eletto e il Governo filooccidentale di Kiev sostituendoli con figure filorusse anche per cercare di evitare l’ingresso di quello Stato nella Nato poi però formalmente richiesto nel settembre ’22 dal Governo ucraino. Tale “operazione speciale” è presto fallita per la tenace resistenza ucraina efficacemente promossa e guidata dal Presidente Zelensky e prontamente sostenuta dai principali Stati occidentali sotto l’alta direzione degli Stati Uniti d’America e in particolare dell’attuale Presidente democratico J. Biden. Sicché l’intervento russo si è trasformato in una vera e propria guerra d’invasione che ha già provocato migliaia di morti da entrambe le parti e tante distruzioni di edifici e impianti sul territorio ucraino, resuscitando anche lo spettro dell’impiego delle armi nucleari inun possibile conflitto atomico che potrebbe portare anche ad una catastrofe globale. Sta di fatto che in questa terribile guerra di aggressione finora non è risultata praticabile alcuna via d’uscita diplomatica né appare all’orizzonte un fattibile accordo tra le parti per arrivare almeno ad un cessate il fuoco ma anzi si sta assistendo ad una progressiva “escalation” del conflitto armato che potrebbe anche sfociare in una guerra mondiale tra la Federazione Russa e la NATO guidata dagli Stati Uniti d’America e i loro rispettivi alleati. Dopo la debacle della Società delle Nazioni sancita dallo scoppio della seconda guerra mondiale nel secolo scorso, oggi sembra quasi di assistere anche al fallimento dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che è bloccata dalle sue stesse regole di funzionamento (assolutamente da modificare) e al prepotente ritorno della guerra come il più efficace strumento degli Stati, singoli o in coalizione, per la risoluzione delle controversie tra gli stessi e per il raggiungimento dei loro obiettivi nazionalisti.
In conclusione è tuttora in corso ed anzi in fase di escalation la guerra d’invasione iniziata oltre un anno fa dalla Russia in Ucraina, la quale riesce a resistere grazie al sacrificio dei suoi cittadini in armi e al costo di tante altre vite umane nelle città bombardate e quasi interamente distrutte, nonché grazie alle consistenti forniture di armamenti anche tecnologicamente avanzati degli Stati occidentali. Tali forniture di armamenti all’Ucraina sono state fatte soprattutto da parte di Stati Uniti d’America, Canada, Norvegia, Polonia, Regno Unito (purtroppo uscito dall’UE nel febbraio ’20)e di Estonia, Lettonia e Lituania (entrate nell’UE e nella Nato dal ’04 e non nella CSI, di cui sono invece membri la Bielorussia e la Moldavia). Occorrerebbe però che gli Stati nazionali e le loro organizzazioni internazionali si sforzassero almeno altrettanto per individuare di comune accordo e avanzare anche una o più soluzioni oppure una o più prospettive al fine di arrivare quanto prima ad un cessate il fuoco e all’avvio dei necessari negoziati per porre finalmente termine a questa guerra cruenta (e non solo a questa) e per costruire una pace (senza aggettivi, se la si vuole veramente raggiungere) nel continente europeo allargato fino ai monti Urali.
Una possibile prospettiva di pace, allo stato attuale della guerra, potrebbe essere anche quella per cui tutti gli Stati indipendenti dell’Europa orientale,posti tra il Mar Nero e il Mar Baltico e confinanti ad est con la Federazione Russa, data proprio la loro peculiare e critica collocazione territoriale di frontiera, dovrebbero assumere il ruolo dei c.d. “Stati cuscinetto”tra la nuova Federazione russa e la nuova Unione Europea che vede già 21 suoi Stati membri(sui 27 totali) essereanche membri della NATO. L’UE risulta ancora affidarsi militarmente alla NATO forse per una sua non volontà o incapacità di procedere alla creazione di un’autonoma Difesa comune della “potenza” europeache, nello scacchiere internazionale attuale e futuro, potrebbe avere obiettivi strategici anche parzialmente diversida quelli “planetari” degli USA. I nuovi “Stati cuscinetto”, al limite anche al di là della loro eventuale appartenenza ad un altro Stato nazionale ma come entità autonome, più precisamente potrebbero essere quelli della Repubblica di Georgia (Repubblica parlamentare indipendente dal ’91 e poi membro della Comunità degli Stati Indipendenti-CSI- ma uscitane nel ’09), della Repubblica di Crimea (la 22^ entità federale della nuova Russia a seguito della sua riannessione nel marzo ’14), delle due Repubbliche popolari di Doneck e Lugansk (autoproclamatesi indipendenti dall’Ucraina nel maggio ’14 dopo un referendum e riconosciute formalmente dalla Russia nel febbraio ’22 annettendoli come soggetti federali nel settembre ’22), dell’Ucraina (uscita dalla CSI nel ’14), della Bielorussia,della Lettonia,dell’Estonia e della Finlandia.Tali nove repubbliche orientali dovrebbero diventare un corridoio di Stati militarmente neutrali,che cioè non possono aderire ad alcuna alleanza militare o schierarsi in conflitti militari. Le Convenzioni dell’Aia, già dal 1907, hanno codificato la neutralità degli Stati come parte del diritto internazionale, statuendo che gli Stati neutrali devono astenersi dall’entrare in guerra, garantire parità di trattamento agli Stati belligeranti nell’esportazione di materiale bellico, non fornire truppe mercenarie agli Stati belligeranti e non permettere agli stessi di utilizzare il proprio territorio. Questi Stati dovrebbero quindi evitare di divenire o rinunciare ad essere membri sia della NATO che di altre organizzazioni internazionali militari dell’est, ferma magari restando la loro facoltà di aderire a organizzazioni sovranazionali come l’Unione Europeao ad organizzazioni internazionali non militari dell’est, però con il vincolo della neutralità e inviolabilità del loro spazio territoriale, marittimo ed aereo.
Fine della quarta e ultima parte
Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi
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