Un contributo scientifico del dott. Carlo Vannini
Dal Manualito “Il faidate nella Bronchite Cronica”, in via di pubblicazione, parte del Capitolo titolato “Una mascherina è per sempre.”
Preciso che tutto ciò che segue è stato insieme ricavato non solo dalla pratica trentennale ma anche dalle attente valutazioni di merito di veri esperti, mentre manca la lettura di studi scientifici longitudinali nel tempo e comparati per il semplice motivo che non sono stati trovati.
Mi ha stupito il fatto che, in materia e durante la epidemia di Covid19, nessun media o social si sia impegnato in una informazione completa ma solo su note episodiche a latere.
Occorre considerare tale questione dal punto di vista squisitamente funzionale, cioè a che cosa servono le mascherine, a quali obiettivi le dobbiamo collegare in senso naso-buccale.
Chiariamo, a seguire, gli Obiettivi che ci dobbiamo porre.
In tempo di epidemia virale quello di non far entrare il virus nel nostro albero respiratorio, sfruttando il bus delle drop let, le goccioline emesse con starnuti e colpi di tosse dai soggetti infetti.
In occasione dei periodi di fioritura o situazioni di inquinamento ambientale non far invadere i bronchi dalle particelle relative.
Impedire l’accesso a batteri ed altri microorganismi non virali, come deposizioni di acari.
Impedire che dalla bocca dei soggetti riconosciuti infetti, sempre tramite drop let, fuoriescano virus, batteri, etc.in presenza di soggetti deboli ed immunodepressi.
Chiamiamoli Obiettivo 1 – 2 – 3 – 4. Quindi la via da tenere d’occhio non è solo quella fuori versus dentro il comparto naso-buccale ma anche la contraria.
Al netto dei fattori imprevedibili, l’uso delle mascherine deve essere connesso chiaramente a quanti e quali fattori impedire l’accesso e ciò si fa, si applica considerando (questo è ciò che dicono gli esperti) e comparando le dimensioni dei microscopici buchini sempre presenti nella loro trama con le dimensioni dei fattori che vogliono farci ammalare: teniamo presente che il diametro virale è, mediamente, di 50 micron, di più quella dei batteri tanto per citare.
Quindi in buona sostanza abbiamo 4 tipologie di sistemi di prevenzione.
La prima è quella delle mascherine di tessuto leggero, di tessuto-non tessuto, tipologia cui appartengono quelle cosiddette chirurgiche di colore verde, poi quelle di colore bianco con contenzione metallica nasale ed infine quelle fatte in casa con la carta per il forno o cartoncini di tela e tenute su con elastici o buchi per le orecchie. Esse servono solo allo scopo 2 – 3 – 4, hanno il vantaggio di poter essere sterilizzate con applicazione al max di flusso caldo del phono. Per avere effetti positivi, solo quelli indicati e non in 1, la applicazione dovrebbe essere per 12 ore, visto che il loro uso a letto è impossibile per vari ovvi motivi; in questo caso, in rapporto all’uso prolungato viene anche citato un maggiore possibile assorbimento di CO2, ma ciò è da tenere presente soltanto in soggetti che fanno uso di ossigenoterapia quotidianamente. C’è chi afferma però che il semplicemente indossarle, anche quando non servono, può essere utile in senso psicologico, nel senso che quel “coso” in faccia ci ricorda ogni momento che problema serio stiamo vivendo e quali altre procedure preventive dobbiamo mettere in atto.
La seconda modalità è quella messa in atto con i due tipi FFP2 ed FFP3, con zona filtro centronasale (le respirazione prevalente è nasale), che può servire per tutti e 4 gli Obiettivi ma conviene utilizzarla solo per 1, dato il costo e la raccomandazione (eccessiva?) di usarle solo al max per 4-6 ore.
La terza soluzione è da applicare solo per situazioni limite, ed è quella dell’effetto schermante casco.
In ogni caso gli esperti si dichiarano prudentemente tutti d’accordo (senza, ripeto, studi longitudinali) sul 70% di effetti positivi mediamente in caso di utilizzazione corretta.
Per lo smaltimento gettarle in raccolta differenziata.
Dott. Carlo Vannini.
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