Continua il lavoro del dott. Gentili sulle Istituzioni Italiane e regionali.
Dopo la caduta del regime fascista nel 1943 e i governi di CLN del Regno d’Italia, a seguito del referendum istituzionale ed elezione dell’Assemblea costituente (566 deputati) del 2 giugno 1946, con la proclamazione della Repubblica avvenuta il 18 giugno, la nuova Costituzione Italiana è stata approvata dall’Assemblea medesima il 22 dicembre 1947 nel testo composto da 139 articoli e XVIII Disposizioni transitorie e finali e dopo ben 173 sedute. E’ stata quindi promulgata dal Capo provvisorio dello Stato E. De Nicola il 27 dicembre con la controfirma del Presidente dell’Assemblea U. Terracini, del Presidente del Consiglio A. De Gasperi e del Guardasigilli Grassi ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Il progetto di Costituzione era stato elaborato dalla “Commissione dei settantacinque” che, presieduta dall’ex deputato antifascista e distinto giurista M. Ruini, era composta dai più bei nomi del diritto e della politica italiana di allora suddivisi in tre Sottocommissioni. La Costituzione repubblicana (in G.U. n. 298 del 27.12.1947) con l’art. 5, inserito tra i principi fondamentali, “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo“ e con l’originario art. 114 “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” ha previsto la creazione di un nuovo Stato regionale e autonomista, articolato in 20 Regioni (15 ordinarie e 5 speciali) dotate di autonomia politica, vale a dire con un proprio indirizzo politico non necessariamente uguale a quello dello Stato (artt. 115, 116 e 131 orig.), di autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria (artt. 117, 118 e 119 orig.). Le forme di Stato regionale nascono in genere da uno Stato unitario e accentrato quando si vuole dare una fisionomia diversa al governo di una comunità ampia e variegata per composizione e origini storiche, prevedendo appunto le Regioni che, pur senza avere le caratteristiche di Stati federati, possono essere titolari di una loro potestà legislativa autonoma da quella statale. Nello Stato federale invece i singoli Stati si federano in un unico Stato e decidono di cedere parte della propria sovranità ad un Governo federale.
La nuova Carta costituzionale sin dall’inizio ha riconosciuto l’autonomia pubblica anche agli altri due enti territoriali in cui si riparte la Repubblica, cioè i due tradizionali enti locali Province e Comuni, caratterizzati appunto dalla presenza di un territorio e di un corpo elettorale di cui sono espressione diretta nell’organo consiliare e aventi una loro porzione di potestà d’indirizzo politico, c.d. minore o politico-amministrativo. Il riconoscimento di tale autonomia locale è avvenuto comunque “nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni” (art. 128 orig.), a differenza delle autonomie regionali, per le quali le attribuzioni sono state indicate direttamente in Costituzione. Inoltre la IX disp. trans. Cost. stabiliva che lo Stato avrebbe dovuto adeguare le sue leggi alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni entro tre anni. Il numero delle Province italiane nell’anno di proclamazione della Repubblica (1946), era attestato su quota 91, dopo aver raggiunto il tetto di 95 durante il regime fascista. Tra di esse era ed è compresa anche la Provincia di Perugia (ex Provincia dell’Umbria fino all’avvento del regime fascista) che si estende su una superficie di circa 6.330 Kmq e conta una popolazione complessiva di circa 656.000 abitanti distribuita in 59 Comuni di cui 13 con popolazione superiore a 15.000 abitanti (Perugia, Foligno, Città di Castello, Spoleto, Gubbio, Assisi, Bastia Umbra, Corciano, Marsciano, Todi, Umbertide, Castiglione del Lago e Gualdo Tadino) e con capoluogo Perugia, che conta oltre 165.000 abitanti. Le regioni a statuto ordinario, nonostante la VIII disp. trans. Cost. avesse previsto che l’elezione dei Consigli regionali dovesse avvenire entro un anno dall’entrata in vigore della stessa e nonostante l’avvenuta emanazione nel febbraio 1953 della legge n. 62 (governo di centrismo De Gasperi VII)sulla costituzione e funzionamento degli organi regionali, sono però state istituite con molto ritardo solo nell’anno 1970 (con primo Presidente della Regione Umbria Pietro Conti, PCI, 1970-1975 e primo Presidente del Consiglio regionale Fabio Fiorelli, PSI),dopo l’approvazione della legge elettorale regionale n. 108 del 1968 e della legge n. 281 del 1970 sulla finanza regionale. Per l’esercizio effettivo delle loro funzioni hanno dovuto anche attendere il trasferimento delle funzioni amministrative statali nelle materie in cui la Regione aveva competenza legislativa, in base al principio del “parallelismo delle funzioni”, con gli undici d.P.R. del 1972 e in seguito riorganizzate per settori organici e irrobustite con il d.lgs. n. 616 del 1977, in attuazione della delega contenuta nella legge n. 382 del 1975 sull’ordinamento regionale.
Nonostante la medesima VIII disp. trans. Cost. prevedesse che anche l’elezione degli organi elettivi delle Province dovesse avvenire entro un anno dall’entrata in vigore della stessa, solo nel 1951 con le leggi n. 122 dell’8 marzo, n. 328 del18 maggioe n. 1168 del 19 ottobre (governi di centrismo De Gasperi VI e VII) il nuovo Parlamento italiano (I^ legislatura dopo le prime elezioni repubblicane del 18 aprile 1948) ha approvato rispettivamente le norme per l’elezione dei Consigli provinciali, quelle per le attribuzioni e il funzionamento degli organi delle Amministrazioni provinciali e quelle per l’ampliamento delle attribuzioni delle Giunte. La nuova disciplina ordinamentale ha ripristinato gli organi delle province presenti prima del 1927 (cfr. precedente scritto del 23.12.2019 su “Provincia dell’Umbria e di Perugia nella storia del Regno d’Italia”) stabilendo che “Ogni provincia ha un Consiglio provinciale, un Presidente della Giunta provinciale e una Giunta provinciale” e ne ha fissato la composizione. Inoltre ha stabilito un sistema elettorale misto proporzionale e maggioritario a collegi uninominali per l’elezione diretta del Consiglio, la durata in carica dello stesso per quattro anni e l‘elezione del Presidente della Giunta e quella degli assessori da parte del Consiglio provinciale. Il Consiglio provinciale di Perugia, contando l’Ente una popolazione residente superiore a 300.000 abitanti e inferiore a 700.000, era composto di 30 membri, oltre il Presidente della Giunta (durante il Regno d’Italia il Consiglio dell’allora Provincia dell’Umbria era invece composto da 50 membri, tra i quali eleggeva il proprio Presidente), mentre la Giunta provinciale era composta dal Presidente e da 6 assessori effettivi e 2 supplenti. Il Presidente della Giunta convocava e presiedeva anche il Consiglio provinciale, vigendo allora il controllo esterno di legittimità e di merito sugli atti provinciali (e comunali). Il controllo di legittimità veniva esercitato dapprima, a termini della legge n. 530 del 1947 e fino all’istituzione delle Regioni, dal Prefetto e dalla Giunta provinciale amministrativa (GPA) come forma di controllo successivo ed eventualmente repressivo di atti anche già efficaci.Con l’avvento dell’ordinamento regionale il controllo sugli atti degli enti locali, a norma dell’art. 130 Cost., degli artt. 55 e 56 della citata legge 62/53 e dell’art. 72 del primo Statuto della Regione Umbria approvato con legge statale n. 344 del maggio 1971, iniziò ad essere svolto dal Comitato regionale di controllo (Co.re.co.), con sede nel capoluogo della Regione, sugli atti delle Province e dalle sue Sezioni, aventi sedenei capoluoghi di Provincia, sugli atti dei Comuni e altri enti locali sub-provinciali. Il controllo di legittimità divenne preventivo, assumendo la natura di condizione di esecutività o meglio di efficacia degli atti stessi. Il controllo di merito, consentito solo nei casi previsti dalla legge, era invece volto ad accertare la rispondenza dell’atto ai criteri di convenienza e di opportunità amministrativa e, in attuazione dell’art. 130 Cost., subì anche una radicale trasformazione nel senso di essere configurato non più come “approvazione” dell’atto (da parte della GPA) ma esclusivamente come preventiva e motivata “richiesta di riesame” dell’atto agli organi deliberanti, fino ad essere poi abolito con la legge di riforma ordinamentale n. 142 del 1990. Anche il controllo esterno di legittimità venne prima ristretto con la citata legge del ’90, limitandone l’obbligatorietà solo per le deliberazioni del Consiglio (art. 45) e ulteriormente ridotto solo ad alcuni atti principali dello stesso Consiglio con la legge n. 127 del 1997 (c.d. Bassanini-bis, art. 17, c. 33) poi recepita nel TUEL n. 267 del 2000 (art. 126) limitando il controllo a statuti, regolamenti di competenza consiliare, bilanci e rendiconti, sino infine ad essere completamente abolito dalla l. r. umbra n. 16 del settembre 2002 con la soppressione del Co.re.co. a seguito dell’abrogazione dell’art. 130 Cost. operata dalla l.c. n. 3 del 2001.
La citata VIII Disposizione transitoria Cost. aveva inoltre previsto che, fino all’avvenuto riordinamento e distribuzione delle funzioni amministrative tra gli Enti locali, restassero alle Province (e ai Comuni) le funzioni che esercitavano a quel momento e le altre di cui le Regioni avessero loro delegato l’esercizio. Le Province continuarono quindi per molti anni ad esercitare le funzioni e i compiti previsti dal TULCP di cui al r.d. n. 383 del 1934 nelle materie della sanità e igiene, opere pubbliche e in particolare le strade provinciali, istruzione e in particolare la secondaria superiore e relativa edilizia scolastica, agricoltura, assistenza e beneficenza, oltre la spese generali e gli oneri patrimoniali. L’istituzione delle Regioni a statuto ordinario e i citati trasferimenti di funzioni amministrative statali con i d.p.r. del ’72 e in particolare il d.lgs. 616 del 1977 hanno comportato uno spazio d’azione più circoscritto per le Province, spesso percepite (forse dati i precedenti storici del Prefetto posto a capo della Deputazione provinciale, peraltro solo fino alla riforma del 1888-1889 da parte del Governo di sinistra storica Crispi I) più come ambito territoriale di Prefettura che come soggetto di autonomia locale. Dopo le elezioni provinciali del 25 e 26 maggio 1952, il primo Presidente della Giunta provinciale di Perugia eletto dal nuovo Consiglio, caratterizzato da una maggioranza politica di sinistra PCI-PSI,è stato Mario Angelucci (PCI- 1952-1953, con Vicepresidente E. Acton-PSI) che quindi tornò ad insediarsi nell’allora denominato “Palazzo del Governo” di Piazza Italia, già Piazza Vittorio Emanuele II con al centro della stessa il relativo monumento equestre e con Palazzo Cesaroni e Palazzo Donini, ora sedi degli organi di governo della Regione, sull’altro lato della piazza. Il palazzo sede della Provincia era stato costruito a partire dal 1867, dopo la distruzione ad opera dei perugini della fortezza sulla Rocca Paolina, su progetto dell’ingegnere capo comunale Alessandro Arienti ed abbellito dagli affreschi notevoli del pittore perugino Domenico Bruschi (coetaneo di A. Brugnoli) ed altri nelle sale di rappresentanza e, in particolare, nella sala del Consiglio provinciale e nella sala ricevimenti della Prefettura. Il Presidente Angelucci però si era dovuto dimettere dopo soli 6 mesi per incompatibilità con la carica di Deputato ed era stato sostituito dal nuovo Presidente Gino Scaramucci (PCI, per il mandato di fine consiliatura 1953-1956 e per altri due mandati 1956-1960 e 1960-1964, con Vicepresidente sempre M. Acton). La legge elettorale dei Consigli provinciali è stata poi modificata in senso maggioritario nel settembre 1960 con la legge n. 962, che ha previsto in ogni Provincia la costituzione di tanti collegi uninominali quanti i consiglieri assegnati, e poi nell’agosto 1964 con la legge n. 663 che ha portato la durata dei Consigli provinciali (e comunali) a cinque anni, mentre la legge n. 154 dell’aprile 1981 ha rivisto l’ineleggibilità e l’incompatibilità con le cariche di consigliere provinciale (regionale e comunale). Gli altri Presidenti eletti dai Consigli provinciali di Perugia sono stati, nell’ordine, Ilvano Rasimelli (PCI, 1964-1970, con Vicepresidente sempre E. Acton-PSI )e che, tra l’altro, modificò l’intestazione dell’edificio sede della residenza provinciale sin dal 1874, in “Palazzo della Provincia” in quanto di proprietà dell’Ente locale e solo parzialmente concesso in locazione al Ministero dell’Interno per la sede prefettizia, Alfredo Ciarabelli (1970-1975, con Vicepresidente A. Baldoni-PSI), Vinci Grossi (PCI, 1975-1979 anno di sua elezione a Senatore, con Vicepresidente V. Lorenzini-PSI), Umberto Pagliacci (PCI, per il mandato di fine consiliatura 1979-1980, con Vicepresidente sempre V. Lorenzini e per altri due mandati 1980-1985 e 1985-1990, con Vicepresidente in entrambi M. Valentini-PSI), Marcello Panettoni (PCI, 1990-1995, con Vicepresidente F.M. Stirati-PSI).
Dopo della firma a Strasburgo nel 1985 della Carta europea dell’autonomia locale, l’art. 5 e l’art. 128 (poi abrogato nel 2001) della Costituzione hanno trovato finalmente concreta applicazione e attuazione con l’emanazione della legge 8 giugno 1990, n. 142 (governo pentapartito Andreotti VI) recante il nuovo ordinamento delle autonomie locali, che ha dettato i principi dell’ordinamento della Provincia, quale “ente locale intermedio fra comune e regione che cura gli interessi e promuove lo sviluppo della comunità provinciale” (e dell’ordinamento dei Comuni), determinandone le funzioni, introducendo la denominazione di “Presidente della provincia”(che ancora presiedeva sia il Consiglio che la Giunta) e sancendo che “le comunità locali, ordinate in province e comuni, sono autonome” e sono titolari di funzioni proprie, oltre ad esercitare le funzioni attribuite o delegate dallo Stato e dalla Regione. La legge 142 (artt. 17 e ss.) ha individuato anche 9 aree metropolitane nelle zone dei più grandi insediamenti urbani e territori circostanti (hinterland) e ha sancito che nelle stesse aree la Provincia (n.b.) si configurava come autorità metropolitana con specifica potestà statutaria e assumeva la denominazione di “Città metropolitana” i cui organi erano il Consiglio metropolitano, la Giunta metropolitana e il Sindaco metropolitano. A tale riforma ordinamentale del ’90 ha fatto seguito la legge 25 marzo 1993, n. 81 (governo quadripartito Amato I) di modifica della legge 142/90 con l’introduzione dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Provincia (e del Sindaco) contestualmente all’elezione del Consiglio, l’attribuzione allo stesso Presidente (e al Sindaco) del potere di nomina e revoca dei componenti della Giunta provinciale (e comunale) tra cui il Vicepresidente (e il Vicesindaco), con la previsione dell’incompatibilità tra la carica di assessore e quella di consigliere provinciale (e comunale, tranne nei Comuni sotto a 15 mila abitanti), la reintroduzione della separata figura di Presidente del Consiglio provinciale (e comunale) in base al principio per cui il controllato non può presiedere l’organo cui è demandato il controllo (politico-amministrativo) dei suoi atti, nonché la riduzione a 4 anni della durata del mandato elettivo, con non più di due mandati consecutivi per il Presidente della Provincia (e il Sindaco) e anche per gli Assessori. Si è poi realizzata una svolta nella ripartizione delle funzioni amministrative con la legge delega n. 59 del marzo 1997 (c.d. legge Bassanini”) e con il decreto legislativo n. 112 del marzo 1998 (governo L’Ulivo Prodi I) recante il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti locali, che hanno avviato un profondo processo di riorganizzazione dello Stato in senso effettivamente regionalista e autonomista, sia purea “Costituzione invariata”, sulla base dei principi dettati dalla legge delegae, in particolare, quelli di sussidiarietà (verticale, cioè il livello di governo superiore interviene quando l’amministrazione più vicina ai cittadini non ce la faccia), di differenzazione (funzioni allocate in considerazione delle caratteristiche degli enti riceventi) e di adeguatezza (funzioni affidate ad enti con requisiti sufficienti di idoneità organizzativa e di efficienza). Il nuovo ordinamento degli enti locali di cui alla legge 142/90 è stato ulteriormente modificato e integrato prima con la legge 15 maggio 1997, n. 127 (governo L’Ulivo Prodi I, con Bassanini Ministro FP) contenente tra l’altro alcuni perfezionamenti della forma di governo degli enti locali e l’attribuzione di compiti gestionali alla dirigenza in base al principio della distinzione delle funzioni e poi con la legge 30 aprile 1999, n. 120 in materia di elezioni degli organi degli enti locali riportando a cinque anni la durata degli organi elettivi delle Province (e dei Comuni)e con la legge 3 agosto 1999, n. 265 (governo L’Ulivo D’Alema I) recante disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, tra cui una diversa impostazione della Città metropolitana come aggregazione di Comuni che acquisisce anche le funzioni delle Province e la delega al Governo ad emanare un testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e delle province e loro forme associative.
A partire dalle legge di riforma del 1990, la Giunta provinciale era composta dal Presidente, che la presiedeva e da un numero pari (prescrizione poi eliminata dal TUEL) di assessori, stabilito dallo Statuto, non superiore ad un quinto dei consiglieri assegnati computando anche il Presidente della Provincia, con arrotondamento all’unità per eccesso (corrispondente a n. 7 per la Provincia di Perugia) e comunque non superiore a otto. Dopo la riforma del 1993, il primo Presidente della Provincia di Perugia eletto a suffragio universale e diretto nelle elezioni provinciali del 23 aprile 1995, è stato Mariano Borgognoni (PDS poi DS, 1995-1999 con il 60,01% dei voti e già Presidente del Consiglio regionale umbro 1992-1993, Vicepresidente nominato K. Belillo- RC) e con primo Presidente del Consiglio provinciale eletto dal Consiglio stesso Valfiero Budassi (SI, 1997-1999,già assessore nella precedente Giunta Panettoni).
Durante la seconda metà del ‘900 il numero complessivo delle province italiane ha raggiunto quota 103, innanzitutto a seguito della riunione al territorio nazionale della provincia di Trieste, in base al Memorandum d’intesa di Londra dell’ottobre 1954 che, sulla c.d. “questione triestina”, sancì il passaggio dall’amministrazione militare anglo-americana all’amministrazione civile del Governo italiano della Zona A, cioè il tratto costiero da Duino a Muggia, del Territorio Libero di Trieste. Il TLT era stato creato dal trattato di pace di Parigi del febbraio 1947 (in base al quale l’Italia “sconfitta” aveva perso tutti i territori occupati durante la guerra e, in particolare, aveva dovuto cedere alla Jugoslavia e allo stesso TLT la gran parte della Venezia Giulia (che comprendeva le allora più estese province di Gorizia e Trieste e anche quelle di Pola e Fiume nella penisola istriana solo parzialmente italiana). Il TLT era stato appunto diviso in Zona A e Zona B, cioè il tratto del litorale istriano comprendente Capodistria e fino a Cittanova che nel ’54 passò sotto l’amministrazione civile della Jugoslavia, uno degli Stati vincitori della guerra mondiale scatenata il 1° settembre 1939 dalla politica di aggressione e di conquista della Germania hitleriana che, nell’aprile 1941, insieme alle truppe dell’Italia fascista (entrata in guerra il 10 giugno 1940 al fianco dello Stato nazista) avevano invaso e occupato nei Balcani proprio la Jugoslavia (poi liberata dall’esercito partigiano guidato da Tito) e anche la Grecia. Tale assetto del nuovo confine nord-orientale dell’Italia è stato poi definitivamente riconosciuto nel novembre 1975 con la firma del trattato di Osimo tra la Repubblica Italiana(governo di centrismo Moro IV) e la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Ulteriori tre province furono istituite sul finire degli anni sessanta e inizio anni settanta e altre otto nel 1992, per un totale di 103.
(Fine prima parte) Li 11 febbraio 2020
Dott. Alfonso Gentili- ex Segretario generale della Provincia di Perugia (2000-2009)
Commenti recenti