L’analisi giuridica e procedurale scritta dal dott. Alfonso Gentili
Il giorno 7 maggio la Presidente della Regione Umbria ha regolarmente adempiuto all’obbligo statutario di spiegare di persona, di fronte all’Assemblea legislativa, le motivazioni diverse da quelle personali delle sue dimissioni dalla carica ricoperta presentate, forse anche troppo impulsivamente, il 16 aprile dietro sollecitazione esterna impropria data la natura elettiva della carica e benché la sua posizione apparisse più “leggera” di altre nell’inchiesta giudiziaria c.d.”Sanitopoli”.
L’Assemblea, in base al secondo periodo del comma 3 dell’art. 64 dello Statuto regionale, aveva solo la facoltà di “invitarla a recedere dalle dimissioni”. La ratio di questa norma sta nel fatto che le dimissioni volontarie del Presidente della Regione eletto direttamente dai cittadini (Art. 122, quinto comma della Costituzione vigente) comportano la grave conseguenza di innescare “le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio”, al pari delle eventuali “dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio” (Art. 126, terzo comma, Cost.) e diversamente dalle dimissioni di uno o più Assessori o di qualche Consigliere.
Nel corso della seduta assembleare del 7 maggio, dopo il circostanziato intervento dalla Presidente Marini da cui sono emerse le vere motivazioni istituzionali e politiche del gesto compiuto, i Capigruppo di maggioranza (Chiacchieroni, Rometti, Solinas e Brega) hanno presentato una mozione contenente l’invito alla Presidente dimissionaria a recedere dalle dimissioni stesse ai sensi dell’art. 64, comma 3 dello Statuto. Per poter approvare tale atto occorre, però, il quorum funzionale del voto favorevole della”maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea” (che sono 21, compreso il Presidente della Giunta regionale ex art. 42, comma 1 e s.m.i. dello Statuto) e quindi occorrono e bastano 11 voti favorevoli (metà più uno dei componenti) sui 13 di cui potenzialmente dispone l’attuale maggioranza politica.
La Presidente Marini ha attivato “volontariamente” questa scivolosa procedura per motivi soprattutto politici, non essendovi altrimenti tenuta considerati, in generale, il principio di non colpevolezza sancito dal secondo comma dell’art. 27 della Costituzione italiana e, in particolare, la sua attuale posizione giudiziaria di semplice indagata nelle indagini preliminari della Procura della Repubblica.
A seguito del rinvio dell’argomento per i necessari approfondimenti approvato a maggioranza dall’Assemblea regionale (con 11 voti favorevoli), la Presidente può e dovrebbe partecipare anche alla prossima seduta dell’Assemblea del 18 maggio nel corso della quale si procederà alla discussione sulle motivazioni delle dimissioni da Lei già illustrate in aula e cui dovrà far seguito anche la votazione della mozione come sopra presentata dai Capigruppo di maggioranza. La Presidente Marini può e dovrebbe partecipare anche alla votazione sulla mozione in quanto non appare configurabile alcun obbligo giuridico di astensione, trattandosi di votazione su una carica pubblica e non su interessi personali e al fine di rinsaldare la maggioranza politica che la sostiene.
Se l’Assemblea legislativa regionale approverà l’atto presentato dai Capigruppo di maggioranza, come previsto dall’art. 64, comma 3, secondo periodo, dello Statuto ed anche a legittima tutela del massimo Consesso rappresentativo regionale, la “palla” ripasserà alla Presidente della Regione cui toccherà l’ultima parola, entro i successivi 15 giorni, sulla c.d. “mannaia” del “simul stabunt, simul cadent” riferita, appunto, al comune destino del Consiglio regionale e del Presidente della Regione dopo l’introduzione dell’elezione diretta anche di quest’ultimo e con poteri di nomina della Giunta. Se invece in Assemblea, per qualsiasi motivo o circostanza, l’attuale maggioranza non fosse capace di esprimere almeno gli 11 voti favorevoli necessari per approvare la mozione dei Capigruppo, la procedura finirebbe lì, le dimissioni della Presidente diventerebbero irrevocabili e si dovrebbe procedere allo scioglimento dell’Assemblea legislativa ed alle elezioni anticipate, come del resto sarebbe anche giusto perché in tal caso ci si troverebbe palesemente di fronte ad un Governo regionale senza più la necessaria maggioranza.
Ove si verifichi il primo caso (approvazione della mozione) la Presidente Marini dovrà comunicare la sua scelta definitiva ancora una volta “davanti all’Assemblea” ai sensi dell’art. 64, comma 3, terzo periodo dello Statuto. Appare anche giusto che la scelta finale e la connessa principale responsabilità politica torni in capo alla Presidente eletta dai cittadini, visto anche il rilievo istituzionale e il livello politico del personaggio in Umbria e non solo. La sua iniziativa ha seriamente rischiato di apparire come l’ennesimo danno collaterale di un “correntismo”esagerato e pernicioso specialmente all’interno del partito di appartenenza, anche se da ultimo sembra che al massimo livello nazionale sia stato corretto il tiro con una condanna del “giustizialismo di partito“, che potrebbe essere già sufficiente senza”pellegrinaggi” a Roma.
In conclusione se la Presidente confermerà, entro il previsto termine di 15 giorni, le sue dimissioni volontarie, le stesse diventeranno definitive e irrevocabili con tutte le connesse conseguenze dissolutive di legge, mentre se recederà dalle dimissioni stesse, come da invito assembleare, la legislatura regionale potrà arrivare (sempre salvo eventuali ulteriori imprevisti) alla sua conclusione naturale del 2020, in attuazione delle scelte democraticamente fatte dai cittadini umbri nel maggio 2015. Resta fermo che spetterà sempre ai cittadini elettori, meglio forse se a mente fredda e più lontano dalle prevedibili ondate di strumentalizzazioni di parte, sia di valutare l’operato dei rappresentanti a suo tempo prescelti che di effettuare le scelte politiche che riterranno più adeguate.
Li 13 maggio 2019
Dott. Alfonso Gentili – ex Segretario generale della Provincia di Perugia.
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