In riferimento all’intervento di Gilberto Santucci su Tamtam Online, in data 6 novembre

Sentirsi appellati con un “fuori gioco” , come espresso da Gilberto Santucci, fa un po’ senso. Non tanto per risentimento personale, che pure è legittimo, quanto per la minimizzazione applicata ad una vicenda lunga trentaquattro anni, che in nessun modo può rientrare in un “gioco” dove compaiono soggetti dell’ultima ora. Noi non siamo “fuori gioco” perché semplicemente non vi siamo mai entrati, proprio in forza del fatto che veniamo da un’altra storia. Conclusi i rapporti con l’Ente Proprietario nel modo che tutti sanno, lasciato il locale e conservato in nostro possesso tutto ciò che, di dotazione, legittimamente ci apparteneva, abbiamo presentato all’Amministrazione Comunale un progetto dove ci dichiaravamo disposti a cederle la suddetta dotazione, cominciando dal proiettore, con la sola condizione di un subentro al debito relativo all’acquisto, ancora insoluto e a nostro carico: dopodiché, ad estinzione del debito, tutto sarebbe appartenuto al Comune, che lo avrebbe usato a suo piacimento. Ci sembrava la logica prosecuzione, seppure in altra sede e con altri soggetti, di un percorso che, si voglia o non si voglia, è inserito nella storia di Todi e lo è non per nostra particolare bravura, ma perché è stata quella storia a volere così, senza che alcuno si sia mai presentato a proporsi in alternativa. Circostanza che, peraltro, avremmo gradito, man mano che si faceva sempre più sentire il doppio peso della lunga gestione e della nostra condizione anagrafica: un capolinea che sentivamo vicino, anche se, per molte ragioni (non solo economiche) pensavamo dovesse avvenire in altro modo. Ma un capolinea comunque avvenuto e noi lo abbiamo tenuto presente anche nel quadro del progetto citato, dove non noi in persona dovevamo figurare necessariamente tra i prosecutori, ma altri, compresi alcuni nostri collaboratori di recente aggregazione. Ed è per questo che, indipendentemente da ciò che il Comune vorrà fare o altri riusciranno a fare, noi non ci sentiamo comparse di alcun “gioco” e non permettiamo a nessuno che, per distrazione o disinformazione, ci allinei a chi entra in campo adesso. Perché una sala cinematografica, quale è stata lo Iacopone, non è né una sede di rassegna né un cineforum a DVD, con i loro percorsi protetti e a termine: è una sala che deve funzionare di continuo e amministrare il cinema corrente, con i suoi costi e il suo imprevedibile pubblico. Cosa che, fino a prova contraria, solo noi, sinora, abbiamo dimostrato di saper fare per più di tre decenni, senza alcun contributo da parte delle Amministrazioni Comunali ( salvo sporadiche iniziative di qualche generoso assessore) e con il solo intervento della Regione a sostegno del collegamento in diretta con i teatri d’opera. Che dunque continuiamo a fare o no del cinema, non conta, perché la nostra è una storia scritta per sempre, mentre altri devono ancora scriverla. Ad altri si dica “fuori gioco”, non a noi.

Manfredo Retti
Francesco Tofanetti
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