Nella conferenza stampa di sabato 3 febbraio, richiesto se e quando Todi potrà riavere una sala cinematografica, il sindaco ha risposto di avere a cuore la situazione, ma che vi sono alcune difficoltà da superare. Sì, le immaginiamo e concediamo che ci voglia del tempo, ma quando sentiamo dire che lo Iacopone, per essere riutilizzato, avrebbe bisogno di un investimento economico esorbitante, tipo centomila euro, quasi si dovesse rifarlo tutto, ci viene da pensare che si è male informati. Quello che ha funzionato fino al 28 giugno scorso, dunque, che cinema era? Non il cinema con trent’anni di attività e rilanciato, dopo adeguati restauri e aggiornamenti, nel dicembre del 2013? Un cinema che aveva cancellato, fin dove possibile, la modestia di ex sala diocesana, conservandone solo l’immutabilità del sito, impervio e stretto tra vicoli, e, come arredo, delle poltrone non belle perché acquistate a costi ridotti, col vantaggio di essere già ignifugate? Ricordiamo che nei fondamentali il locale è a posto, in quanto ha visto, quattro anni fa, il rifacimento dell’impianto elettrico e di quello di sicurezza ( centraline, sensori di fumo, idranti etc..) e ha accolto un intervento sulle norme, sempre di sicurezza, con supervisione di studio ingegneristico specializzato, e adeguato progetto presentato con una SCIA ai Vigili del Fuoco. Dal ’98 esiste una scala con sbocco nel Vicolo dei Magazzini, che è venuta a costituire la terza uscita di sicurezza, raggiungendo la quantità adeguata al numero dei posti, ridotto a centodieci. Se si obietta che non c’è quella per i portatori di “handicap”, si risponde informando che vi è stata istallata in occasione del Festival dei Diritti*: un piano inclinato sovrapposto a parte della gradinata. Basta rimetterlo, magari perfezionandolo. Rimarrebbe il tetto da rifare, perché, mancante di guaina, è permeabile alla pioggia. Ma appartiene alla Curia, non ai gestori. I vecchi gestori, per non creare problemi, e dopo essere intervenuti a sostituire un coppo qua e un coppo là, hanno poi risolto stendendo un telo, da cui mai più una goccia è caduta all’interno; è situazione abborracciata, ma può ancora reggere in attesa di opportuni interventi. Dunque a cosa servirebbero centomila euro? Semmai a destrutturarlo per una sontuosa rifondazione, a prova di sponsor: a questa, sì, servirebbero! Non certo a riaprirlo così com’era: la sala conserva le poltrone e lo schermo, basta riportarvi dentro macchina di proiezione e amplificatori e, se si vuole, gli arredi del foyer. E’ evidente che la macchina la si deve rilevare agli ex gestori, perché è di loro proprietà. Ma il Comune di questo è informato: ha già ricevuto un progetto dove costoro si dichiarano disposti a cederla ( insieme alle rimanenti attrezzature e decori interni ed esterni, plance comprese) con la condizione di un subentro al debito relativo all’acquisto, dopodiché, ad estinzione del debito, la suddetta, con tutto il resto, gli apparterrà. Forse, però, il problema è un altro. E’ che i nuovi richiedenti (che ci sono), al Comune chiedono un contributo, intendendo associarlo ad un’attività che, benché gestita in forma privata, ha una funzione pubblica. E probabilmente non intendono ripetere quanto avevano fatto i precedenti, che avevano deciso di fare da soli, subendone ancora le conseguenze. No, questa intenzione loro non l’hanno ed è giusto che non l’abbiano. Il Comune, cioè questa amministrazione, deve capirlo, come anche deve capire che, se non è responsabile del problema capitatogli addosso, sta però a lui stesso risolverlo. S’intende: sempre che lo voglia e che concordi sul fatto che una città senza più cinema retrocede a paese. Soprattutto una città che il cinema lo aveva dal 1916.
*Leggiamo, oggi 8 febbraio su Tamtam Online, il rammarico espresso da Camilla Valli sulla perdita del “Festival dei Diritti”, che si faceva al Cinema Iacopone, e sul fatto che il cinema è “oggi ancora chiuso”: quel cinema senza il quale, peraltro, non si saprebbe dove farlo più, tale festival, dato che si è fatto e si poteva fare solo lì. Il rammarico, dunque, è giusto e condivisibile, e lo sarebbe ancor più se, accanto a lamentare il cinema “ancora chiuso”, chiamasse in causa chi ne ha provocato la chiusura.
Manfredo Retti
Presidente dell’Associazione Culturale “Iacopone”
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